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Omega-3 e cancro alla prostata, una dieta mirata potrebbe fare la differenza

Omega 3

Una dieta ricca di omega-3 e povera di omega-6, insieme a integratori di olio di pesce, potrebbe rallentare la crescita delle cellule del cancro alla prostata negli uomini con malattia in fase iniziale. Tra gli uomini in sorveglianza attiva per il cancro alla prostata, il consumo di questa dieta per un anno ha portato a una significativa diminuzione, nei tessuti neoplastici, dell’indice Ki-67, un biomarcatore per la progressione, le metastasi e la mortalità del cancro alla prostata. È quanto è emerso dai risultati dello studio di fase 2 denominato CAPFISH-3 presentati al 2025 American Society of Clinical Oncology Genitourinary Cancers Symposium, che si è tenuto di recente a San Francisco.

Le diete che includono cibi fritti e processati tendono a essere ricche di omega-6, mentre quelle che includono salmone e tonno sono più ricche di omega-3. La ricerca ha dimostrato che consumare più acidi grassi omega-3 è associato a un rischio inferiore di mortalità per cancro alla prostata. La ricerca suggerisce inoltre che ingerire più omega-6 accelera la crescita dei tumori umani nei topi, mentre l’aumento dei livelli di omega-3 la riduce. Si sa anche che alti livelli di omega-3 e bassi livelli di omega-6 hanno un effetto inibitorio sui macrofagi di tipo M2, che sono il tipo predominante di cellula immunitaria nelle metastasi del cancro alla prostata.

Per valutare l’impatto di questi acidi grassi sul cancro alla prostata in fase iniziale, è stato quindi condotto uno studio randomizzato, monocentrico, di fase 2, in aperto, in 100 uomini con cancro alla prostata di grado 1/2 che avevano scelto la sorveglianza attiva. I pazienti sono stati assegnati casualmente in un rapporto 1:1 a un gruppo di controllo che ha continuato la dieta normale (senza olio di pesce), o a un gruppo di intervento che ha seguito una dieta povera di omega-6 e ricca di omega-3, integrata con olio di pesce (2,2 g/d), per un anno.

I risultati sono stati definiti come incoraggianti dai ricercatori, e permetteranno futuri studi di fase 3 che incorporino questo intervento tra gli uomini in sorveglianza attiva per il cancro alla prostata.

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