E’ sempre interessante notare come alcuni dei più recenti studi scientifici si trovino a confermare comportamenti frutto di antiche conoscenze. E’ il caso anche di quest’ultimo lavoro, che in fondo trova prime conferme da esperienze millenarie provenienti anche dalla antica medicina ayurvedica. Lo studio clinico randomizzato è stato condotto negli Stati Uniti ed ha confrontato l’efficacia del digiuno intermittente (IMF) con la restrizione calorica giornaliera (DCR) in un programma di perdita di peso di un anno, supportato anche da strategie comportamentali. I risultati indicano che il digiuno intermittente nella variante 4:3 ha prodotto una riduzione del peso leggermente superiore rispetto alla semplice restrizione calorica, sebbene entrambe le metodologie siano state inserite in un contesto strutturato.
Lo studio è stato pubblicato sugli “Annals of Internal Medicine”, ed è stato guidato da Victoria A. Catenacci dell’Anschutz Health and Wellness Center, University of Colorado, Aurora (USA). Ha coinvolto adulti tra i 18 e i 60 anni con un indice di massa corporea (IMC) compreso tra 27 e 46 kg/m², reclutati nell’area metropolitana di Denver, Colorado. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: il primo ha seguito un regime di digiuno intermittente 4:3, caratterizzato da una riduzione dell’80% dell’apporto calorico per tre giorni non consecutivi a settimana, con un’alimentazione libera nei restanti giorni. Il secondo gruppo ha adottato una restrizione calorica costante pari al 34% dell’introito energetico quotidiano, con l’obiettivo di replicare il deficit energetico settimanale del protocollo IMF.
Entrambi i gruppi hanno ricevuto un programma comportamentale di perdita di peso ad alta intensità, comprensivo di sessioni di supporto collettivo e della raccomandazione di incrementare l’attività fisica moderata fino a 300 minuti settimanali. Il parametro principale di valutazione era la variazione del peso corporeo dopo dodici mesi.
Dai dati raccolti su 165 partecipanti randomizzati (IMF: 84; DCR: 81), di cui 125 hanno completato il trial, è emerso che il protocollo IMF ha determinato una riduzione ponderale superiore rispetto a DCR, con una differenza media di 2,89 kg. Tuttavia, gli autori dello studio sottolineano che la generalizzabilità dei risultati potrebbe essere limitata, considerando il contesto specifico dello studio e la tipologia di partecipanti coinvolti.
Nel complesso, l’indagine conferma comunque che il digiuno intermittente 4:3, integrato in un programma intensivo di gestione del peso, può rappresentare una strategia efficace per la riduzione della massa corporea negli adulti con sovrappeso o obesità, con risultati leggermente migliori rispetto alla restrizione calorica continua.
Il digiuno intermittente resta parte integrante di più culture di questo pianeta da oltre 4mila anni. La capacità del corpo in stato di digiuno di portare all’autofagia, ovvero alla eliminazione delle tossine, è materia di numerosi studi dell’ultimo decennio; materia su cui sono già stati scritti e pubblicati numerosi libri, dove contesto culturale, spiritualità e medicina si intrecciano fornendo interessantissime analisi.